Recensione “Luce d’estate ed è subito notte” di Jón Kalman Stefánsson


Luce d'estate ed è subito notte di Jón Kalman Stefánsson
Editore: Iperborea - Data di pubblicazione: settembre 2013 - Pagine: 298



Negli ultimi anni l’interesse verso la letteratura nordica è cresciuto molto e la Casa Editrice Iperborea ha contribuito notevolmente a far conoscere ai lettori un universo letterario che sembrava dimenticato. Per quanto mi riguarda, ogni tanto ci provo ad avvicinarmi a questi autori, ma non riescono ad appassionarmi, non c'è feeling, nessun trasporto, ed è per questo che ho avuto molte difficoltà a scrivere la recensione di questo libro. 

Luce d’estate ed è subito notte di Jón Kalman Stefánsson è indubbiamente un buon romanzo, scritto bene, a tratti quasi poetico.
È nella gente comune che si nasconde ciò che comune non è, i sogni più grandi e i dolori più profondi. (...) A volte nei posti piccoli la vita diventa più grande.
Immaginate un piccolissimo paese dell’Islanda abitato da 400 anime. Tutti si conoscono, la vita scorre lenta, silenziosa, scandita dall'intensità della luce estiva e dal buio pesto dell’inverno. Stefánsson racconta le vite degli abitanti di questo paese, storie comuni, a volte banali. C’è l’Astronomo, in precedenza direttore del Maglificio, che di punto in bianco rinuncia alla sua carriera e agli agi per studiare astronomia e cercare risposte ad un quesito misterioso. Ci sono gli operai del Magazzino della Cooperativa che di punto in bianco credono di vedere, all'interno del magazzino stesso dei fantasmi. C’è la bella Elisabet che nell'attesa del ritorno del suo amato decide di aprire un ristorante, un marito che tradiva la moglie con la vicina di casa., e così via. Un susseguirsi di eventi, alcuni piacevoli altri un po’ noiosi, ma comunque tutte storie che mi hanno appena sfiorata, senza, alla fine lasciarmi nulla. 
Parliamo, scriviamo, raccontiamo di piccole e grandi cose per cercare di capire, di arrivare a qualcosa, di afferrare l’essenza che però si allontana sempre più come l’arcobaleno.
Ogni avvenimento raccontato è un pretesto che l’autore utilizza per trasmettere al lettore le sue considerazioni sul senso della vita, dell’amore, della solitudine… Il problema è che ci sono pagine stupende, da sottolineare dall'inizio alla fine, altre che sembrano scritte di getto e in modo strampalato e alcune, che forse volevano essere ironiche o non so cosa e che ho trovato inutilmente crudeli.

So che questo mio commento è in controtendenza rispetto a quelli letti in giro o alle impressioni riportate da persone che conosco, perciò mi dispiace ancora di più non poterne tessere le lodi, inoltre a me le storie semplici piacciono molto, ma non riesco a farmi piacere per forza un libro solo perché è piaciuto a tanti. 

Insomma, se amate gli scrittori nordici, le storie con un retrogusto filosofico e onirico leggetelo pure, io, pur non disprezzandolo, non riesco ad unirmi al coro di chi lo considera un capolavoro.

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