Recensione "Paradiso e inferno" di Jón Kalman Stefánsson

 


Paradiso e Inferno di Jón Kalman Stefánsson

Editore: Iperborea – Anno di pubblicazione: 2011 – Pagine: 241 - Traduzione: Silvia Cosimini




"Ci sono parole che hanno il potere di cambiare il mondo, capaci di consolarci e asciugare le nostre lacrime. Parole che sono palle di fucile, come altre sono note di violino. Ci sono parole che possono sciogliere il ghiaccio che ci stringe il cuore, e poi si possono anche inviare in aiuto come squadre di soccorso quando i giorni sono avversi e noi forse non siamo né vivi né morti."

Iniziare l’anno con una lettura bellissima è gratificante, ma allo stesso tempo rende difficili le scelte successive, perché il timore è che nessun altro libro potrà essere all’altezza di questo!

Paradiso e Inferno è il primo volume di una trilogia, ma può essere considerato anche un’opera compiuta perché non ha un finale sospeso. È un libro meraviglioso, poetico e doloroso, ha lo stile del romanzo classico, da leggere e rileggere nel tempo.

Islanda, probabilmente seconda metà dell’800. Un paesaggio aspro, un mare gelido che è vita e morte allo stesso tempo, personaggi avvezzi alla fatica, temprati dal freddo e dal vento. Tra loro il ragazzo (di cui non conosceremo mai il nome) e Bárour, il suo amico pescatore, amante della lettura e delle poesie. Con loro mi sono imbarcata su un peschereccio, ho affrontato una spaventosa tempesta e sentito sulle mie ossa l’aria gelida che Stefánsson magistralmente ha saputo evocare. Quando la barca è tornata a riva, il ragazzo che è sceso non era più la stessa persona che vi era salito e neanche io!

Aggrappato al libro Paradiso perduto di Milton, come fosse la sua ancora di salvezza, il ragazzo intraprende un viaggio che è sia fisico, per restituire il testo al legittimo proprietario, ma anche metaforico verso l’età adulta. Nella vita di ognuno di noi c’è un prima e un dopo che determina inevitabilmente un cambiamento di rotta, perché è questo che fa il dolore: ti cambia.

“Le lacrime alleviano e consolano, ma non basta. Non è possibile infilarle una dopo l'altra e calarle come una corda luccicante nelle profondità oscure per riportare in superficie chi è morto e avrebbe dovuto vivere.”

In questo libro succede veramente poco, la trama è essenziale, i dialoghi sono privi di virgolettato, e questo all’inizio può disorientare, ma le parole di Jón Kalman Stefánsson hanno la capacità di restarti appiccicate all’anima.








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