Recensione "La mia devozione" di Julia Kerninon



La mia devozione di Julia Kerninon
Editore: Edizioni e/o - Data di pubblicazione: 11 settembre 2019 - Pagine: 252



“Quando una è discreta come lo sono io nessuno immagina che possa avere un temperamento passionale. La gente pensa che la mia personalità sia un tipo di rumore spento, che il silenzio che osservo in società sia l’eco di quello che risuona da sempre nello spazio chiuso della mia testa, sotto i capelli pettinati. Ma non bisogna giudicare un libro dalla copertina, e io lo so meglio di chiunque altro”.
Ci sono storie, avvenimenti, emozioni che restano incompiuti e che riponiamo in un cassetto perché troppo dolorosi o perché sentiamo il bisogno di mettere delle distanze, di alzare delle barriere, per poter voltare pagina, andare avanti e sopravvivere. Ma stanno lì, ben riposti, sopiti ma non dimenticati e basta poco, un incontro casuale ad esempio, per riportarli alla luce e farci travolgere da una valanga di sentimenti sepolti tra le pieghe dell’anima.
"Sono ventitré anni che penso a te ogni giorno che non ci sei, Frank, quindi stavolta non parlerai. Parlerò soltanto io, ti racconterò tutta la nostra storia fin dall'inizio perché anch'io ho bisogno di sentirla".
Helen e Frank si conoscono a Roma nell'autunno del 1950. Sono due adolescenti, figli infelici di diplomatici, la complicità tra loro è immediata e spontanea. Helen vuole andarsene dopo il diploma, ad Amsterdam la sua famiglia ha un appartamento, lì potrà finalmente studiare e leggere tutti i libri che vuole senza lo sguardo di disapprovazione della madre. Frank ancora non sa cosa vuol fare da grande ma si fa trascinare volentieri da lei. Così inizia la loro convivenza, che tra alti e bassi, allontanamenti e riappacificazioni durerà più o meno una trentina d’anni. Frank diventerà un pittore affermato, Helen realizzerà il suo sogno di lavorare nell'editoria. Apparentemente hanno tutto per essere felici ma sono troppo diversi. Lei è determinata, attenta, rispettosa delle regole, lui è indifferente, geniale ma allo stesso tempo pigro. Eppure, Helen non riesce a fare a meno di Frank, ci prova, non rinuncia ai suoi sogni per lui, è consapevole della tossicità del loro legame, ma nonostante tutto per lui si annulla, si aggrappa con le unghie ad un amore a senso unico che alla fine la umilierà, la prosciugherà senza lasciarle niente, se non un profondo dolore.
"Vorrei che qualcuno potesse vederci adesso, come siamo in quest'istante, una di fronte all'altro in una strada piena di rumore, in una città dove non abbiamo mai vissuto insieme, vorrei che qualcuno fosse qui per giudicarci, darci il verdetto finale".
La mia devozione di Julia Kerninon è un romanzo intimo, quasi una confessione. La storia ci viene raccontata direttamente da Helen e le sue parole sono un fiume in piena che travolgono Frank ma anche chi legge. È un monologo senza interruzioni dal quale è difficile staccarsi, bisogna un po’ averle provate certe emozioni per comprenderle fino a fondo, per entrare in sintonia con Helen, altrimenti potrebbe sembrare semplicemente una donna debole e facile al vittimismo.

A lettura conclusa avrei voluto ascoltare la stessa storia, ma raccontata da Frank questa volta, per conoscere il suo punto di vista e perché sono convinta che anche lui, a modo suo, abbia amato Helen. Glielo dice con una poesia, che forse non è una promessa d’eternità ma sicuramente è la fotografia di un momento ben preciso che nessuno dei due è riuscito a mettere a fuoco.

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