Recensione "Scritto nelle ossa" di Simon Beckett


Scritto nelle ossa di Simon Beckett
Editore: Bompiani - Data di pubblicazione: maggio 2009 - Pagine: 428



Alla temperatura opportuna, tutto brucia. Legno, vestiti, persone. 

A Runa, una piccola isola a nord della Scozia, un ispettore in pensione trova i resti carbonizzati di un corpo.

Purtroppo a causa di un grave incidente ferroviario tutte le squadre della scientifica sono impegnate, perciò viene chiesto all'antropologo forense David Hunter di andare sull'isola, insieme a due agenti della polizia, per capire se si tratta di suicidio o di un barbone che si è addormentato troppo vicino al fuoco.

Hunter accetta controvoglia, spinto solo dalla passione per il suo lavoro e dalla convinzione che il caso sia di rapida soluzione; il suo soggiorno a Runa invece non sarà breve come aveva supposto e soprattutto gli riserverà delle inaspettate e terribili sorprese.

Scritto nelle ossa è il secondo capitolo della serie nata dalla penna di Simon Beckett con protagonista il Dottor David Hunter. Il primo, La chimica della morte, l'ho letto qualche anno fa e ricordo che mi era piaciuto molto. Questa volta però qualcosa non ha funzionato. La trama fatica a decollare, fino a pag. 160 non succede praticamente niente, intorno a pag. 250 inizio ad avere qualche sospetto ma le indagini sembrano non approdare a nulla fino a pagina 300, dopodiché è tutto un susseguirsi di possibili soluzioni e ribaltamenti di scene, fino all'epilogo finale che (ahimè) avevo già intuito e quindi non mi ha sorpresa! 

Altro punto a sfavore sono i personaggi, tutti molto simili a mille altri. Il vecchio ispettore in pensione molto più in gamba e sveglio del sergente in servizio, la giornalista invadente e ficcanaso, la coppia bella e ricca ecc... Tutti credibili nel proprio ruolo ma anonimi, nessuno mi ha suscitato simpatia o tenerezza, ma neanche antipatia o ribrezzo.

La qualità che invece ho apprezzato in questo thriller è l'ambientazione. L'isola di Runa martoriata dalla tempesta, isolata dal mondo esterno, con una comunità ostile nei confronti degli estranei è il luogo perfetto per trasmettere al lettore ansia e tensione. Un centinaio di pagine in meno forse avrebbero giovato alla trama. Dovrò leggere il seguito, per forza, spero solo che sia più avvincente di questo!
Vedendo quelle persone così a proprio agio tra loro, fui pervaso da un’acuta consapevolezza riguardo alla mia estraneità. Era gente nata e cresciuta qui - e che probabilmente sarebbe morta all’interno di questa piccola società chiusa. Erano individui uniti da un’identità e un’affinità che prevalevano su altri tipi di legame. Persino Maggie, che aveva lasciato l’isola da anni, apparteneva a quella comunità in un modo che un forestiero non avrebbe mai potuto sperimentare nel corso dell’esistenza - qualcosa che, comunque, sarebbe stato precluso anche agli “immigrati” come Brody e gli Strachan. E adesso un membro di quella collettività minuscola era un omicida. Forse addirittura uno dei presenti. Guardando i volti che mi circondavano, mi tornarono alla mente le parole di Fraser sulla caccia all’assassino. In un posto così piccolo, non dovrebbero esserci problemi. Qualcuno dovrà pur sapere qualcosa. Ma sapere e rivelare sono due cose assai diverse.

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