Recensione Pista nera di Antonio Manzini


Pista nera di Antonio Manzini
Editore: Sellerio – Anno di pubblicazione: 2013 - Pagine: 275


Rocco Schiavone non credo abbia bisogno di presentazioni, sono sicura che tutti, o quasi, ormai abbiate letto “Pista nera”, il primo romanzo della serie di cui è protagonista.

Io l’ho conosciuto attraverso la serie televisiva, perché le edizioni Sellerio ai miei occhi sono praticamente invisibili. Non so spiegarvi il motivo, ma è così; nella mia libreria infatti, quei pochi che ci sono, sono capitati per caso. Questo no. Questo l’ho voluto. Perché Schiavone è un personaggio che non lascia indifferenti e ad un certo punto ho sentito il desiderio di conoscere il personaggio originale, quello nato dalla penna di Antonio Manzini.

Così ho iniziato Pista nera, e ho ritrovato lo stesso vicequestore in Loden verde e Clarks visto in TV! Il giallo, ovviamente, non è stata una sorpresa, ma è comunque ben costruito. Schiavone deve scoprire chi ha ucciso Leone Miccichè; il suo cadavere è stato ritrovato, anzi investito, da un gatto delle nevi sulla pista di sci di Champoluc. Apparentemente, Miccichè non ha nemici, ha una bella moglie, una buona attività, tutti lo conoscono e apprezzano, eppure qualcuno lo ha ucciso, su questo non ci sono dubbi.
“Un cadavere…”. Decimo grado. Era proprio una rottura di coglioni di decimo grado. E forse pure cum laude.
La forza di questo libro (ma credo sia una caratteristica di tutta la serie!) sta però nel suo inquieto protagonista. È lui che domina la scena. Nonostante sia scontroso, con un passato pieno di ombre e sarcastico come solo un romano può essere. 
“Pierron!” lo interruppe il vicequestore. “Quando voi stavate nelle caverne a grattarvi i pidocchi, a Roma già eravamo froci!”
Non è un personaggio positivo Schiavone, ma in lui c’è comunque del buono, crede nella giustizia, convive con il dolore. È umano, e Manzini è bravissimo nel far arrivare al lettore questo suo essere simile a chiunque. Può sembrare una banalità, ma non tutti gli scrittori sono in grado di dar vita a protagonisti credibili e non macchiette.

Oltre a Schiavone, ovviamente ci sono altri personaggi fissi, tutti ben caratterizzati, alcuni spassosi fino alle lacrime. E poi c’è il freddo della Val d’Aosta che penetra nelle ossa e che Manzini rende talmente reale che presumo sia percepibile anche leggendo il romanzo sotto l’ombrellone a Ferragosto. 
Si, mi è decisamente piaciuto e, anche se so cosa accadrà nei libri successivi, continuerò la lettura della serie.


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