Recensione “Onda” di Sonali Deraniyagala


Onda di Sonali Deraniyagala
Editore: Neri Pozza - Data di pubblicazione: 13 novembre 2014 - Pagine 207



“Da una vecchia scatola esce il profumo della domenica sera. È la scatola in cui Steve teneva il necessario per lucidare le scarpe. Rovisto: oltre ai lucidi e alle spazzole c'è lo straccio che usava per l'ultimo colpetto, sempre lo stesso da anni. Si sedeva sulle scale e lucidava le sue scarpe e quelle dei bambini. Mi porto lo straccio al naso: ha conservato quell'odore che annunciava per noi l'inizio di una nuova settimana. Il mio viso è bagnato di lacrime, eppure sono grata a questo vecchio pezzo di stoffa, che mi dice che è stato tutto vero. Che la nostra vita insieme è stata reale.” 
È il 26 dicembre 2004. Sonali, suo marito Steve, Vikram e Malli, i loro bambini di 5 e 7 anni, e i suoi genitori, stanno trascorrendo le vacanze natalizie a Yala, un parco nazionale lungo la costa dello Sri Lanka. Improvvisamente un’onda gigantesca si abbatte sull'hotel; Sonali e la sua famiglia provano a fuggire ma l’onda assassina spazza via tutto. Lei è l’unica sopravvissuta e per questo non si darà pace. È travolta dai sensi di colpa, passa da uno stato di torpore, al rifiuto per quanto è successo, fino al desiderio di togliersi la vita. Il dolore è troppo forte, incontrollabile. Basta un oggetto, una parola, un’immagine e i suoi bambini sono ancora lì con lei, la sua famiglia è ancora insieme…ma non è così e non lo sarà mai più… 

Terminare Onda, il memoir che Sonali Deraniyagala ha scritto su consiglio del suo psichiatra per affrontare il lutto, non è stato facile. Ricordo benissimo le immagini di quel devastante Tsunami. Il mondo era ancora impegnato nei festeggiamenti del Natale e sembrava impossibile che una catastrofe del genere fosse successa realmente. Leggere però una testimonianza diretta, di chi purtroppo quell'esperienza l’ha vissuta e soprattutto subita è tutta un’altra cosa. 

Onda è un libro struggente, il dolore di Sonali è contagioso, toglie il fiato. Non riesco neanche ad immaginare cosa si possa provare nell'essere trascinati via dall'acqua, salvarsi per un caso fortuito aggrappandosi ad un ramo per poi scoprire di non aver più nessuno, di aver perso tutto in soli venti minuti. Che consolazione potrà mai essere restare vivi dovendo sopportare una tragedia così grande? 

La disperazione di Sonali non dipende solo dall'aver perso tutto, ma dall'essere sopravvissuta ai suoi cari; dover accettare il fatto di non essere più una madre, continuare a vivere in un mondo che considera ormai privo di consistenza, un mondo dove i suoi figli non torneranno più a correre, a giocare e ad abbracciarla. 
“Questa non sono io. Presto, molto presto, dovrò ammazzarmi.” 
Non me la sento di consigliarne la lettura a chiunque, ma se pensate di riuscirci allora fatelo, verserete sicuramente parecchie lacrime, ma il coraggio che Sonali ha avuto nel raccontare al mondo la sua storia merita attenzione.


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