Recensione di "L'unico figlio" di Anne Holt



L'Unico figlio di Anne Holt
Editore: Einaudi - Data di pubblicazione: 2011 - Pagine: 283



Ho acquistato questo libro per caso, incuriosita dalla fama dell'autrice, ma senza sapere che è il terzo di una serie con protagonista l'ufficiale di polizia Hanne Wilhelmsen. 
Per fortuna le lettura non ne ha risentito, anche se si intuisce che qualcosa è già stata raccontata prima. 

Il romanzo è ambientato ad Oslo, in Norvegia, più o meno verso fine gennaio, nella casa famiglia Sole di primavera
“Erano soltanto i peggiori quelli che finivano li. In Norvegia, i bambini che per qualche motivo non potevano crescere insieme ai genitori biologici venivano dati in affido.” 

Una notte, la direttrice dell'istituto, Agnes Vestavik, viene uccisa nel suo studio; è seduta alla sua scrivania ed ha un coltello conficcato nella schiena. 
Le indagini vengono affidate all'ispettore capo Hanne Wilhelmsen e al detective Billy T. 
Vengono interrogati tutti i dipendenti della casa famiglia e il marito della vittima. Un altro avvenimento però suscita sospetti. La stessa notte in cui la direttrice è stata assassinata, un bambino della casa famiglia è fuggito. 
Si tratta di Olav, l'ultimo arrivato, un bambino di dodici anni obeso e con gravi problemi relazionali. 
Olav ha un carattere difficile, non sopporta regole ed imposizioni, soprattutto quando non gli veniva permesso di mangiare quello che voleva e quando lo voleva (praticamente sempre!). Si scontrava continuamente con Agnes e non faceva nulla per nascondere il suo odio per lei. 
Le indagini aprono diversi scenari e soprattutto sembra evidente che tutti, compresa Agnes, hanno segreti da nascondere. 

L'unico figlio di Anne Holt è un giallo tiepido, dal ritmo lento e con poca suspense. La scrittura è semplice e scorrevole, con parecchi flashback usati, presumo, con la scusa di approfondire la conoscenza di uno dei personaggi, ma con l'intento di confondere il lettore e veicolare i suoi sospetti. 

Rispetto ad altri scrittori nordici (che non amo particolarmente) della Holt ho apprezzato l'analisi psicologica dei vari personaggi e l'evidente denuncia contro i servizi sociali norvegesi ma per il resto è un thriller che arriva appena alla sufficienza.

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