Recensione "La treccia" di Laetitia Colombani




La treccia di Laetitia Colombani
Editore: Nord – Data di pubblicazione: maggio 2018 – Pagine: 284



“Non sapevano che fosse impossibile, allora l’hanno fatto”. Mark Twain.
Qualche anno fa ho visto una mediocre serie tv, Touch. Deludente perché troppo “fumosa” ma con un'idea di base buona che poteva essere sviluppata meglio: la moltitudine di connessioni che legano, a loro insaputa, persone che non si conoscono. Mi ha sempre affascinata l'idea che alcuni avvenimenti, apparentemente senza importanza o che sembrano riguardare solo noi, in realtà coinvolgono anche altre persone.
Per questo motivo la trama di questo libro mi ha attratta subito.

Smita, Giulia e Sarah sono le tre protagoniste del romanzo di Laetitia Colombani.
Non si conoscono, né si incontreranno mai.

Smita vive in India. E' una dalit, un'intoccabile, fuori casta, fuori dal sistema, un rifiuto da scartare. Il suo lavoro, ereditato dalla madre, consiste nello svuotare a mani nude le latrine degli altri. Per Lalita, sua figlia, vuole un destino diverso, ed è per questo che ha deciso che la bambina andrà a scuola.
Smita vorrebbe dirle: sii felice, non dovrai fare la mia vita, crescerai sana, non tossirai, avrai una vita migliore, più lunga, e la gente ti rispetterà. Non sarai marchiata da questo fetore infame, da quest’odore indelebile e maledetto, avrai una dignità. Nessuno ti lancerà gli avanzi come a un cane. Non chinerai mai più la testa né lo sguardo. 
Giulia è italiana e vive a Palermo. Suo padre ha un'azienda per la cascatura dei capelli, e lei è l'unica della famiglia a voler portar avanti la tradizione di famiglia.
Sarah vive a Montreal, in Canada. Ha tre figli, due matrimoni finiti alle spalle e una carriera da avvocato che ha anteposto a tutto.

Tre donne diversissime e distanti ma che il destino, in qualche modo unirà. 

La treccia è un romanzo che emoziona, ha una prosa avvincente e semplice, è difficile staccarsene, anche perché ogni capitolo è dedicato ad una della protagoniste, in un'alternanza che stimola la curiosità del lettore.

Ho amato molto, e per motivi diversi, Smita e Sarah. La prima, per la forza e il coraggio che dimostra nel non volersi arrendere ad una società che non vuole permettere a persone come lei di progredire e migliorarsi. L'altra, perché come tante donne, è vittima di una società misogina e senza scrupoli, per la quale la donna dovrebbe scegliere tra la carriera e la famiglia. La vita, che a volte sa essere anche crudele, le farà capire cosa è veramente importante.

A lasciarmi un po' perplessa, invece, è stata la figura di Giulia. Non che non mi sia piaciuta, semplicemente, data la giovane età, l'ho trovata poco credibile. Si intuisce che la sua è una crescita repentina determinata dagli avvenimenti, però guidare un'azienda dall'oggi al domani, oltretutto rivoluzionandola, mi è sembrato un po' troppo.

Tutte e tre ad un certo punto dovranno prendere in mano le sorti del proprio destino e cambiare direzione alle proprie vite. Ognuna di loro compirà un viaggio coraggioso, un salto nel vuoto, chi verso la libertà, chi verso l'età adulta e chi dentro se stessa. Alla fine della storia saranno donne diverse, e senza saperlo qualcosa le legherà per sempre.

A fine lettura, mi è rimasto però un po' di amaro in bocca. Avrei voluto sapere qualcosa di più sul futuro di Smita e Lalita, quello di Giulia e Sarah è intuibile, ma di Smita, ad un certo punto non si sa più nulla, e spero con tutto il cuore che sia riuscita a realizzare i sogni che coltivava per sua figlia.

Leggetelo, ne vale la pena!






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