Recensione “Il sogno della macchina da cucire” di Bianca Pitzorno


Il sogno della macchina da cucire di Bianca Pitzorno
Editore: Bompiani - Data di pubblicazione: settembre 2018 - Pag.: 229


Qualcuno sostiene che leggendo è possibile vivere tante vite, ed è vero. Però capita anche di ritrovarsi in situazioni già vissute e ricordare rumori familiari, legati alla propria infanzia.

Per me, uno di questi è il suono cadenzato del pedale della vecchia macchina da cucire di mia madre. All'epoca, sopra l'appartamento in cui vivevamo avevamo una mansarda dove mia madre tagliava stoffe da cartamodelli per poi cucirsi da sola giacche, pantaloni, vestiti, ecc... Io giocavo nella mia stanza al piano di sotto e quel rumore costante mi faceva compagnia.

Il sogno della macchina da cucire di Bianca Pitzorno, edito da Bompiani, mi ha riportata indietro nel tempo, e forse è proprio per questo che mi è piaciuto tanto.

La protagonista di questa storia, di cui non sapremo mai il nome, è una sartina a giornata. Lei e sua nonna sono le uniche in famiglia ad essere sopravvissute ad un'epidemia di colera. Tra la fine dell'800 e i primi del '900 gli abiti, i corredi ma anche i piccoli rammendi venivano fatti fare dalle sarte ed è questo che fa la nonna della nostra protagonista. Cuce e ricama vestiti e biancheria per le signore della classe media e nel frattempo insegna il mestiere a sua nipote. Ci tiene a che la bambina cresca autonoma e in grado di provvedere a se stessa. Rimasta sola, la sartina farà tesoro degli insegnamenti della nonna, ma cercherà anche di migliorarsi, imparando a leggere e seguendo l'opera, conoscerà il sacrificio di dover risparmiare ogni singolo soldo per sopravvivere, entrerà nelle stanze del cucito di molte case importanti ma con la consapevolezza di dover rimanere al proprio posto e non farsi illusioni.
Di solito in quelle case ricche ed eleganti c’era come ho detto una stanza apposta per il cucito, ben illuminata, con un grande tavolo da stiro dove stendere la stoffa da tagliare, e spesso c’era anche, meraviglia delle meraviglie, una macchina da cucire. Mia nonna sapeva usarla, non so dove l’avesse imparato, e io la guardavo affascinata mentre faceva andare su e giù il pedale con ritmo costante e la stoffa avanzava velocissima sotto l’ago. “Se potessimo averne una in casa”, sospirava lei “quanto lavoro in più potrei accettare!” Ma sapevamo entrambe che non ce la saremmo mai potuta permettere, e oltretutto non c’era posto dove sistemarla.
E' un romanzo tutto al femminile, dove per la prima volta, ad appassionarmi di più sono state le vicende delle protagoniste secondarie, alcune di diversa estrazione sociale rispetto alla sartina. E' come se lei abbia fatto da collante tra le varie donne presenti in questa storia e dalle stanze del cucito delle loro case mi ha trascinato in un epoca fatta di stoffe preziose, cappellini frivoli ma anche di coraggio e determinazione. 

La macchina da cucire che la sartina ha tanto desiderato è stata per me una meravigliosa macchina del tempo ricca di aneddoti che la Pitzorno, con uno stile delicato e scorrevole, che mi ha ricordato molto i romanzi de Le Piccole donne, ha saputo sapientemente ricamare, senza mai diventare stucchevole.

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