Recensione “Un litro di lacrime” di Kitō Aya

 


Un litro di lacrime di Kitō Aya

Rizzoli Bur – Narrativa – 190 pagine
Febbraio 2021




Penso di poter affermare con sicurezza che “Un litro di lacrime” è, e sarà per molto tempo, il libro più doloroso che io abbia mai letto; con questo non voglio dire che non valga la pena leggerlo, al contrario, conoscere Aya attraverso il suo diario mi ha regalato emozioni fortissime.
“Per la vita di ogni giorno serve il corpo”.
In Giappone, Un litro di lacrime è stato pubblicato per la prima volta nel 1986 da una piccola casa editrice, diventando poi un vero caso letterario nel 2005, grazie alla diffusione affidata ad una casa editrice più grande; successivamente ne furono tratti un film, una serie tv e anche un manga. In Italia è arrivato molto più tardi, nel 2019, pubblicato dalla Rizzoli.

Aya ha solo 14 anni quando scopre di avere l’atassia spinocerebellare, una malattia degenerativa che è praticamente una condanna a morte e che in poco tempo le impedirà di camminare, parlare, mangiare da sola e tenere in mano una penna per scrivere. Una malattia che le ruba l’adolescenza e tutti i sogni che coltivava. Aya soffre per questa sua condizione, ma non solo per sé stessa, quello che la fa stare male è sentirsi un peso per gli altri. Per i compagni di scuola che devono aiutarla a spostarsi da una classe all’altra, per la madre, che deve accompagnarla ovunque, per i fratelli e le sorelle a cui sente di rubare le attenzioni materne. Nonostante tutto però non si abbatte, cerca in continuazione di spronarsi, di non cadere nel vittimismo e, soprattutto, non smette mai di guardare affascinata il cielo e sperare.
“Che problema c’è a cadere?
Puoi sempre rialzarti.
Quando cadi, solleva gli occhi al cielo.
Anche oggi si stende sopra di te, azzurro e sconfinato.
Riesci a vederne il sorriso?
Sei vivo”.
Per dieci anni Aya annota nei quaderni le sue emozioni, le sue paure, ma anche le mortificazioni e il piacere che le provocano il semplice calore del sole o un sorriso. Accanto a lei sua madre, che con dolcezza e tenacia non le ha mai permesso di abbandonarsi al dolore, ed è grazie a lei se oggi la sua storia è giunta fino a noi. La forza di Aya emerge dai suoi scritti, nonostante la giovane età affronta la sua condizione con coraggio e determinazione, cerca di comprendere tutto, non si dispera per quello che piano piano è costretta a perdere ma si sforza al massimo per preservare ciò che le rimane. Ma soprattutto, quello che non perderà mai, fino alla fine è la gentilezza; quando non poté più dire grazie con le parole iniziò a farlo con un sorriso. In questi tempi, così chiassosi e pieni di arroganza, in molti dovrebbero prendere esempio da lei.
“Ogni persona cova un dolore inesprimibile.
Quando ripenso al passato mi viene da piangere, ed è un guaio.
La vita è stata terribilmente crudele con me, e l’ho attraversata a fatica.
Non mi ha offerto nemmeno un sogno.
Quando immagino il futuro, altre lacrime cominciano a cadere”.

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